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POSSESSION
(POSSESSION)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 9 ottobre 2002
 
di Neil LaBute, con Gwyneth Paltrow, Aaron Eckhart, Jeremy Northam, Jennifer Ehle (Stati Uniti, 2002)
 
A giudicare dalle presenze in sala, POSSESSION è un film che attira in clamorosa maggioranza un pubblico femminile. Normale? (Forse) si. Visto che all'origine della pellicola c'è un romanzo che all'inizio degli anni Novanta si rese celeberrimo. Non tanto in seguito al prestigioso Booker Prize assegnato ad Antonia Byatt, critica letteraria inglese, romanziera, insegnante universitaria. Quanto per aver raggiunto la definizione, ormai imprescindibile nei nostri tempi, di "cult": il che gli assicurò un posto di assoluto privilegio nel cuore di un numero infinito di lettrici.

Et pour cause : perché la vicenda di POSSESSION (forse la cosa andrebbe spiegata ai latitanti spettatori maschili) non è tanto da ricondurre ad un femminismo un po' sbrigativo. Piuttosto, ad un rivalutato, colto romanticismo: volto a sondare nel tempo, certo, gli abissi sempre coinvolgenti della passione. Ma, più ancora, quelli di un eterno femminile nelle sue minute propaggini psicologiche, di un mistero intrattenuto da sempre sull'intimità di un universo culturale, di una difficoltà di amare -di comunicare- sulla quale è doveroso chinarsi con termini meno affrettati di quelli di eterosessualità o lesbismo.

Questo, anche se la storia quella di Roland Michell, ricercatore americano che si reca al British Museum nel centenario del celebre poeta vittoriano Randolph Henry Ash: e vi scopre casualmente una lettera d'amore dello scrittore non di certo indirizzata alla consorte. Probabilmente, alla poetessa Christabel LaMotte: che si credeva, sessualmente ed artisticamente, appartenente a tutt'altre latitudini. Sulle tracce di questa passione illecita, di queste inedite ed intriganti ipotesi letterarie ed esistenziali, il nostro non ci andrà naturalmente solo: ma con una specialista (e discendente) della poetessa. Bella, quanto chiusa come un'ostrica. Cosi, con una brava Gwyneth Paltrow ermeticamente (e legittimamente) barricata contro ogni sorta di intrusione esterna, i due finiranno per riproporre in parallelo la situazione oggetto dei loro studi.

Tra lettere smunte e pagine ritrovate di diari, passeggiate ottocentesche in calesse ed inchieste in Porsche fra i manieri della campagna inglese, sensualità ed intrighi (i meno riusciti sono quelli che riguardano la rivalità nel mondo accademico contemporaneo) non era facile ricavare un film che si reggesse in bilico fra due epoche, mentalità ed atmosfere. Un po' come era riuscito a Karel Reisz, nel 1981, nei fremiti non dimenticati di LA DONNA DEL TENENTE FRANCESE. Il generoso e un po' laborioso Neil LaBute ci riesce a metà: ché le sue alternanze arrischiano talora di apparire meccaniche, la progressione drammatica ogni tanto langue, i parallelismi, più che misteriosamente sfumati nel fantastico se non proprio nel poetico, rimangono, seppur eleganti, soltanto aneddotici. Ed il protagonista (Aaron Eckhardt), sembra un surfista preso di peso da una spiaggia dell'Australia.

Ma POSSESSION, in quest'epoca fracassona, ha il grande merito di essere un film costruito su un minimo di silenzio, di contemplazione; e d'invito alla riflessione. Alle differenze sociali del romanzo, gli autori del film hanno preferito quelle nazionali, forse più recepibili dagli spettatori americani: ma la cosa non disturba più di tanto. Ad immagine di un film: che poteva forse volare più alto, ma che possiamo ringraziare il cielo non veleggi raso terra.


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